venerdì 17 gennaio 2014

Diario di una donna al volante


Caro destinatario, 
questa lettera nasce da una paura insinuatasi dentro di me da ormai un po’ di anni: la retromarcia. Infima, nauseante, tremenda retromarcia, che diventa ancor più sconcertante se coloriamo (o ingrigiamo, punti di vista) il paesaggio con un vico stretto e due macchine a intralciare il passaggio. La cosa si è svolta più o meno così (perdona la pochezza di particolari):
premetto che, come ogni eroe che si rispetti, anche io stasera avevo un compagno d’avventure che mi limiterò a chiamare Oreip perché vuole restare in incognito; per farla breve, è come Robin per Batman, la ragnatela per Spiderman o la mutanda per Superman. Insomma, io e Oreip stavamo dirigendoci verso la macchina dopo un pomeriggio intenso (e lacrimoso) di studio, tant’è che i nostri visi e le nostre mani risentivano del duro lavoro a cui ci eravamo sottoposti di nostra sponte.
- Oreip, come sono felice: farò una retromarcia semplicissima, non ci sono macchine dietro di me!


Ed invece, la sera di quel venerdì grigio e coperto in cui inizia la nostra storia, nel cielo nuvoloso nulla faceva presagire le cose strane e misteriose che di lì a poco sarebbero accadute. 
Mi prese il panico. Il terrore. Lo sconforto, la desolazione, lo svilimento, l’angoscia!, la disperazione, lo smarrimento e sentivo un formicolio risalire dalla punta del mignolo a quella della spalla, segno certo di un infarto in arrivo. Lei era lì e le luci anteriori mi guardavano sbieche, quasi volessero sfidarmi. Oreip cercava di sorreggermi, mi sentivo svenire. “Ce la puoi fare!”, mi ripeteva, ma le mani tremavano così tanto che quasi non riuscivo a inserire la chiave nella serratura dell’auto, neanche ci fosse un’offendicula ad impedirmelo. Cloc. Aperta. Un sospiro, cautamente mi siedo e mi accomodo, riprendo fiato, cerco di ritrovare la calma e la pazienza per riportare entrambi sani e salvi a casa. Accendo il quadro, il tachimetro, il contagiri e l’indicatore della temperatura sono ancora a terra inerti, quasi avessero gli occhi chiusi col sentore di quel che stava per accadere. La lancetta del carburante invece sale e mi dà un po’ di speranza, lui è pronto. Giro la chiave, metto in moto l’auto e comincio a sterzare completamente verso destra. Mi giro per trovare conforto nel mio compagno, lui mi guarda con assenso e stringe i pugni. Ho le mani gelide e un brivido percorre la mia schiena, lungo la spina dorsale, ma rilascio piano la frizione. Si, il freno a mano l’ho tolto.
L’auto davanti mi è troppo vicina, mi serve più di una mossa per riuscire a districarmi mentre mi prende l’ansia del conta manovre: -15, -14, -13.. sudo freddo ma riesco ad uscirne indenne. Oreip mi dà il cinque e la tensione si allenta di un punto ansia. La mia auto ora è parallela a tutte quelle parcheggiate li sul lato sinistro e mi permea una sensazione claustrofobica, tanto che mi pare che i muri di quel vico si stringano man mano cerchi di uscirne. Guardo lo specchietto retrovisore, uscita da quel vico mi aspetta una salita e sarà quella la parte più brutta. Un centimetro dopo l'altro, pazientemente e quarantacinque minuti più tardi, siamo all’imbocco della via. La curva è ripida, la sterzata complicata, tanto da richiedere l’aiuto esterno. Ho scelto, ovviamente, il compagno che siede alla mia destra, così con quattro braccia e altri venti minuti dopo ci siam trovati sulla pendenza.
- E ora che faccio? Sento le gambe cedermi, non riuscirò a tenere freno e frizione ancora per molto!
- Stai tranquilla. La pazienza è la virtù degli audaci, guarderò io dietro ma.. oh! Attenta alla libreria. Ma cos’è quello? Sembra un libro di origami! Avvicinati, fammi vedere meglio!
- Ti prego, non farmelo fare.. non sono sicura di..
- Ma si! Ti aiuto io!
E la macchina comincia a indietreggiare, sempre più, e Oreip mi dice di rallentare ma non ci riesco, non ho più il controllo, non ricordo più come si fa. Maledetti i tuoi origami!, ricordo d’aver detto. Vedo la salita allontanarsi come se stessi in un treno al posto opposto rispetto alla direzione di percorso. Aiuto, aiuto!, ma nessuno ci aiuta. BUM. Frammenti di vetro sono sparsi ovunque, l’auto ha preso la forma del cigno sulla copertina del libro di origami e il resto dei fogli sono sparpagliati per aria. Qualcuno grida “i miei libri! Salvate i miei libri!” mentre una marea di persone si appropinqua al luogo del delitto cartaceo un po’ per avere qualcosa di più da raccontare l’indomani a Cummà Marij e un po’ perché visibilmente preoccupati per l’incolumità di quanti coinvolti. La stima fatta dalle forze dell’ordine intervenute sul luogo è di 289 pagine morte e 79 ferite gravemente, solo 42 con qualche strappo qua e là. Oreip e io veniamo portati da un meccanico che ha cercato di risolvere l’arcana figura in cui eravamo intrappolati, ma possiamo dire di essere stati abbastanza fortunati: Oreip ha solo una mano a forma di gru mentre io dei graffietti da carta sulle braccia e sulle gambe. Purtroppo non ricordo altro, sono solo triste che ora dovremo abbandonare l’università per ripagare i danni provocati dalla nostra auto. E meno male che non sono superstiziosa, altrimenti non oso immaginare come sarebbe finita.

1 commento:

  1. Hai omesso qualche particolare rispetto alla versione che hai raccontato a me ma va bene cosi! Alla prossima retromarcia!

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