Caro, caro destinatario,
tu sei stato mai uno di quelli
che ha giurato amore eterno all’amata? Io si. Nel senso che mi è stato giurato,
ovviamente. No, ma pensavo ad altro. Pensavo all’amor pigro, quello che
accomuna la mia bella generazione, il male del secolo. È vero, come dice mia
nonna, che non ci sono più valori, è vero! Prima alle donne si faceva la corte,
si facevano i chilometri per vederle cinque secondi al giorno, ora esiste il
morbo del telecomando lontano dal divano: piuttosto che alzarti a prenderlo,
aspetti che venga lui da te. Ma sveglia!
Per una esegesi completa, ti
racconterò la storia di un mio lontano parente: la mia pro pro pro pro zia era
figlia di un fruttivendolo e di una acquaiola. Una ragazza tranquilla,
aggarbata, dai modi fini e sopraffini, tant’è che in paese la chiamavano “La
Ninfa”. In quello stesso paese c’era anche un ragazzo dall’animo egocentrico,
superbo e vanitoso, di quelli che “io sono così, io sono parente a quello, io
spacco il mondo”, che un giorno s’imbatté in una zingara che girava per la
cittadella chiedendo l’elemosina.
“Buon giovane, voi che dite di
aver compiuto gloriose gesta, me la dareste una moneta?”
“Vecchia! Sciocco da parte tua pensare
che possa provar pena, non avrai il mio denaro!” e se ne andò dritto per la sua
strada. La zingara lo guardò, gli lanciò un paio di maledizioni in ostrogoto e
sparì.
Quello stesso giorno, il
giovane Pollo (il nostro eroe veniva chiamato così da quanti non sopportavano
la sua spavalderia) venne ricoverato d’urgenza. Epilessie amorose. Il ragazzo
aveva cominciato a saltellare a destra e a sinistra urlando “Ninfa, Ninfa, na
guardata d'uocchie ca songo ddoje saette, sò fulmine, sò lampe, songo tuone! Io
ti amo!” e nessuno lo azzeccava più. Il medico lo fece andare a casa, dicendo
che nulla più poteva fare: quell’ospedale non curava i mali del cuore. (Che ti
stupisci? Non hai mai sentito parlare di malasanità?)
La Ninfa, da parte sua,
rabbrividiva al sol pensiero che Pollo l’amasse. “Piuttosto sposo una pianta d’alloro!”,
diceva spesso. È anche vero che la mia prozia aveva anche un altro amante, un
adorante, un ammiratore insomma: U’ Cipp, perché era alto (o basso) quanto un
ceppo d’albero. “Non se ne parla”, rispondeva il padre all’argomento
matrimonio, “io nipoti bassi non ne voglio”, così U’ Cipp sconsolato scappò con
una compagnia circense a fare l’uomo albero.
Pollo pensava d’avere il campo
libero così, mentre la Ninfa era alla fonte a riempire delle giare d’acqua,
cominciò a correrle incontro e ad urlare “Ninfa! Amore mio, sposami! Ti renderò
la mia regina!” “Più che re, ti vedo bene come giullare, buffone! Tzè!” e in
men che non si dica la piazza era diventata il circuito di Monza. Più lei
scappava, più lui la rincorreva, ma nessuno dei due aveva visto la zingara che,
quatta quatta, si era nascosta vicino la fonte.
“Aiutatemi! Santi numi,
piuttosto divento una pianta d’alloro, ma non sposerò mai questo imbecille!” e
così fu. La zingara esaudì la sua richiesta e divenne pianta. Pollo decise di
rimanerle accanto, giorno e notte, e se la sposò: lui, quel giorno, aveva proprio
una bella coroncina.
Visto? Questo è penarsi per
trovare e avere l’amore. Questa è la vera gioia: preferire una donna alloro
piuttosto che una telecomando. Almeno, la prima insaporisce la vita.
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