giovedì 21 aprile 2016

Hänsel, Gretel e le briciole da dimenticare

Costeggiavo via del campo - non la famosissima, amata, di Faber ma la mia, quella che già da lontano mi ispira odore di casa - e guardavo il cielo. Guardavo il cielo e un paio di uccellini di razza ignota ("uccellologia" non era prevista tra le materie di studio, allo scientifico, né ho mai aspirato a diventare avicoltrice o ornitologa, ma non stiamo qui a perderci in uccellate) poggiati su un cavo dell'alta tensione.

Ricordai quella volta - era un pomeriggio e facevamo il rientro a scuola per saltare il sabato che era sempre una festa - in cui c'era lezione di scienze con la maestra Ada e stavamo studiando gli animali e le loro peculiarità e la classificazione scientifica. Uno dei miei compagni, non riesco a ricordare chi, attirò l'attenzione con una domanda che ci lasciò spiazzati (non avevamo neanche fatto la comunione, che pretendete.. al tempo si era innocenti, a quell'età): "Maestra, perchè quegli uccellini non prendono la scossa? La mamma mi dice sempre che non devo toccare i cavi altrimenti rimango fulminato (presupponiamo che sia stato un maschietto a fare la domanda o presupponiamo che non ci importi)".  
Silenzio e tanta pretesa, questo c'era nell'aria.
La maestra Ada era bravissima a disegnare, la lavagna era la sua tela e il gesso il suo pennello e cominciò a riprodurre una versione cartoonizzata di un paio di uccellini innamorati su un cavo dell'alta tensione.
"Facciamo finta (da leggere con accento romanesco, meravigliosa donna) che gli uccellini si trovino in un campo pieno di fili della luce. L'uccellino che tocca un solo cavo si gode il bellissimo pomeriggio di aprile (n.d.r.), quello che tocca due cavi contemporaneamente, invece, cade a terra stecchito.. Perchè?"
Sguardi fuori, a cercare una risposta dal cielo, "perchè l'ha detto l'uccellino, perchè sì, perchè è stato avventato!", vorremmo dire. E invece non diciamo niente e aspettiamo di ascoltare.
"Perchè la corrente passa solamente attraverso un corpo che è a contatto con due zone con diversa carica di energia. Ora riformulo la domanda: perchè l'uccellino non prende la scossa e tu si?"
"Perchè io ho i piedi a terra!"
"Esatto. Gli uccellini insegnano che non è sempre un male avere la testa tra le nuvole"

Risate di bambini ed una spiegazione che, anni dopo, avrei ricordato costeggiando la via di casa. Com'è buffa la vita.
Guardando l'orologio e ricordando che fosse ora di pranzo, ho pensato alle briciole degli uccellini e alle briciole della mia vita: ogni evento importante o meno, una briciola. Ogni persona incontrata, una briciola. Ogni sbaglio, ogni sorriso, ogni lacrima.. una briciola. Abbiamo il passato pieno di briciole, come il sentiero di Hänsel e Gretel disseminato di tante briciole (o sassi) per non perdere la strada di casa.
Le nostre briciole sono le luci del faro che splende nella nostra vita: quelle più forti sono il nostro riferimento fisso, quelle più flebili, quasi spente, sono le briciole che possiamo anche lasciarci alle spalle. Le tasche piene di sassi - alla Jovanotti - alla lunga pesano, cominciano a far male, dunque siamo costretti a lasciare qualcosa a terra che ci alleggerisca l'anima ma che riempiranno quella di qualcun altro che, camminando e sentendosi smarrito, troverà in quello una nuova spinta per andare avanti.
Siamo il risultato delle briciole che decidiamo di tenere con noi e dei sassi che pesano sul nostro cuore, nient'altro. Allora pensavo anche che per volare in alto e non prendere la scossa, è necessario il cuor leggero, quello che non ha paura di rinnovarsi e di scoprirsi.
Come un uccellino incauto, come Hansel che si fa furbo portando con sè il necessario a non perdere la strada di casa, così dovrebbe essere la nostra esistenza: momenti di lunghe folate di vento, camminando su un filo sospeso, con la paura di perdere l'equilibrio ma senza cadere mai.          

lunedì 11 aprile 2016

Proserpina e l'amore con contratto a progetto

Quando ero piccola (e, per certi versi, tuttora), mia madre mi regalava storie. Me le raccontava, me le leggeva, le inventava, forse perchè sentiva in grembo (altrimenti sarebbe stata una madre scellerata) che da grande avrei fatto lo stesso.

Più che inventarle, a me le storie piace riscriverle. Non è improbabile che sia cosa comune di quelli che amano, adorano, IMPAZZISCONO per i libri e che non di rado avrebbero voluto che il finale andasse verso una determinata direzione piuttosto che in un'altra o che il matrimonio di quella che, nei libri precedenti, aveva casualmente incontrato l'uomo della sua vita avanti al banco dei salumi e che questo le avesse chiesto subito di sposarla mettendo di nascosto un anello nel cartoccio delle mozzarelle perchè all'amore a prima vista non si dice mai di no, andasse miseramente, tragicamente FELICEMENTE IN FUMO.
Mia madre mi raccontava le storie della mitologia greca: una sera la tela di Penelope, l'altra la storia di Narciso innamorato di Narciso e via dicendo, ma quella che amo maggiormente è il mito di Persefone.

Persy, o Prosèrpina o Proserpìna, che chiameremo semplicemente Pina per non lasciare spazio ai dubbi e alle ingiurie dell'Accademia della Crusca, era figlia d'arte (papà Zeus non sbaglia un colpo) e di terra da parte di madre (Demetra). C'è da dire che Pina e Demetra sono un po' la versione femminile di Dio e Gesù, in quanto l'una è l'incarnazione dell'altra: le religioni sono sempre così poco fantasiose..
Insomma, perchè si parla tanto di MITO DI PROSERPINA? Cos'ha fatto di tanto eclatante questa dea della terra? Bene, Pina fu protagonista del primo caso registrato nella storia di matrimonio combinato. Ma andiamo per ordine.
Pina e Demetra decidono di uscire a fare una scampagnata approfittando di una bellissima giornata di primavera. La ragazza si spinge troppo oltre il limite imposto dalla madre e si perde, uscendo di scena in un modo molto più che teatrale: la terra si spacca in due lasciando uscire quattro Thestral spaventosi che rapiscono la giovane. Ovviamente, come nelle migliori sceneggiature siciliane, nessuno ha visto e/o sentito niente.
Che disperazione colpisce il cuore di Demetra! La donna comincia a cercarla in lungo e in largo finchè la vicina di casa, la dea della notte Ecate, le suggerisce di chiedere a Sole, "che quello, da lassù, tutto vede..". Via, verso l'infinito!
Quel lecchino del Sole le risponde semplicemente che "tra moglie e marito non si mette il dito" e Demetra capisce al volo che c'è lo zampino di quel fetente ingravidadonne di Zeus.
Demi è sconvolta, manda a quel paese Zeus e i parenti tutti, abbandona l'Olimpo e assume le sembianze di una vecchia, vagando per terra e per mare e arrivando in Grecia.
La furba e vendicativa madre decide di rendere infruttuose le terre, provocando morti e carestie e spingendo Zeus a scendere nuovamente a patti con il fratello e genero Ade, ritirando il contratto a tempo indeterminato e scambiandolo con uno a progetto: avrebbe lasciato che sua moglie rivedesse la luce del sole per 2/3 dell'anno a patto che questa mangiasse alcuni chicchi di melograno, simbolo del ritorno a casa. Cornuta e precaria.
Ovviamente Demetra ne gioì e tutto intorno a lei crebbero fiori e magnifici frutti e tutti vissero felici e contenti.

MORALE DELLA STORIA: chi ama vi lascia liberi. E, se così non fosse, scegliete di andare a vivere in campagna, lontani da vostra suocera e attorniati da file e file di alberi di melograno. Saranno sì entrambi una palla, ma almeno i secondi riempiono lo stomaco.