sabato 27 dicembre 2014

Fiat voluntas tua - L'uomo sogna di volare

L'uomo sogna di volare. E che novità, sai.
Secondo Freud, il volo unisce la collettività umana perchè ne incarna il desiderio infantile: diciamocela tutta, chi (non necessariamente quando era un poppante, c'è chi non cresce mai) non ha provato a librarsi in volo desiderando di avere da sè i mezzi per farlo? 
Ufficialmente, i primi temerari che provarono ad avvicinarsi a quel pezzo di mondo sconosciuto vennero chiamati PIONIERI DEL VOLO perchè, nonostante il cielo sia parte del quadro della nostra vita, non poterne toccare con mano la sostanza l'ha sempre reso più lontano di quanto in realtà non sia; è come vivere in una sfera e girarci sempre in tondo senza avere la possibilità di sentire la materia che "poggia" sulla propria testa.
Il cielo è l'espressione più alta dei nostri desideri: più sono lontani e più sembrano irraggiungibili, più assumono fascino e infondono una forza che non pensavamo di avere.

Icaro. o Icarus. O Ίκαρος. O Vicare.
Avrebbe anche potuto chiamarsi Bob o Fenizio, invece si chiama Icaro e sembra il nome di un nuovo prodotto della Apple: I-caro, il cellulare che sa volare.

Insomma, Icaro è la forma concreta del sogno, è ciò a cui possiamo pensare quando ci sembra di avere aspirazioni troppo elevate rispetto a persone tanto piccole quali siamo nell'immensità del pianeta che ci ospita. Anche Icaro avrebbe potuto pensarla così: chi era lui, in fondo, se non un giovane sognatore figlio di un inventore e di una schiava? Non è vero, dunque, che i sogni non sono alla portata di tutti; sono alla portata di quelli che hanno spalle abbastanza resistenti per sostenerne il peso. E anche se non si hanno le spalle ma si hanno gambe che hanno voglia di camminare e andare lontano, va bene lo stesso, non siamo qui a far gli schizzinosi. Il motore non è la carcassa che ci portiamo dietro per tutta la vita, il motore si chiama voluntas ed è racchiusa nella nostra mente, a volte anche nel cuore. 


Siamo sull'isola di Creta, è il Qualcosa a.C., ed il padre di Icaro ha un grosso lavoro da portare a termine: il re Minosse vuole gli venga costruito un enorme labirinto per rinchiuderci il Minotauro, orribile creatura mangiauomini che ogni anno, per il pranzo di Natale, consuma sette fanciulli e sette fanciulle (da qui l'espressione "mi sento una vacca"). Che poi questo cucciolo di toro aveva anche un nome, Asterione, così bello che nessuno l'ha mai utilizzato per non sciuparlo... Dante, che lo incontrò a guardia del girone dei violenti, disse di lui « e 'n su la punta de la rotta lacca, l'infamïa di Creti era distesa, che fu concetta ne la falsa vacca » : insomma, non proprio un bello spettacolo.
Tornando a noi. E' estate, Icaro non ha compiti per le vacanze e da bravo figliuolo aiuta il padre nella costruzione del labirinto. Terminato il tutto, il re per ricompensarli li rinchiude nel labirinto: insomma, sto fatto che chi ha il potere è un po' fuori di testa è roba che esiste da sempre. L'errore fatto dal re è stato dare per scontata l'ottima riuscita della sua genialata, senza fare i conti con il fatto che non la si può fare ad un artista: troverà sempre il modo per fregarti. Sta di fatto che, dopo qualche giorno di vacanza nel labirinto, padre e figlio non ne potettero più di vedere solo ed esclusivamente i loro brutti visi così il padre s'ingegnò: costruì delle ali con delle penne (cosa ci fa un numero ingente di penne in un labirinto?) e le attaccò ai loro corpi con della cera (cera? In un labirinto?).
"Sbatti figlio, sbatti più che puoi e vola!", disse Dedalo padre ad Icaro. "Vola da tua madre e dille di buttare la pasta che stiamo arrivando", concluse. Icaro cominciò a dimenarsi, e a scalciare, e a sudare e tanti altri verbi fino a quando riuscì a staccare i piedi da terra e a vedere l'orizzonte ma non andò tutto per il meglio. Icaro in fondo era un giovinotto con tanta voglia di scoprire ed esplorare allora cominciò a salire e ad andare in alto, ma così in alto che si avvicinò troppo al sole e la cera ne venne sciolta come lacrime su una candela. Icaro cominciò a perder quota fino a cadere totalmente e a schiantarsi in mare, dove non ci fu possibilità di salvezza.

Il sogno di Icaro cela un insegnamento ed una morale: la morale della favola è che seguire i propri sogni non è mai sbagliato, anche se lo sembrano. Sfido chiunque a dire che Icaro, in quegli attimi in volo, non fosse totalmente appagato e fiero dell'impresa che stava compiendo. Sono del parere che coloro i quali critichino i sogni altrui siano sconfitti in partenza: una vita a dar retta alla sola ratio è una vita fatta di stenti. Col senno di poi probabilmente Icaro si sarebbe fatto costruire anche un paracadute, ma si sa che vedere il futuro stando seduti nel passato è tutto fuorchè possibile. 
L'augurio più bello che ci si possa fare fare è VOLA COME ICARO!, perchè nulla vale l'ebrezza di stare ad un passo dal sogno e scoprire di potercela fare e di potersi ancora stupire.