mercoledì 8 gennaio 2014

Caro Orky, cara catastrofe

Caro destinatario che c’è ma non so chi è,
la smetteremo mai di avere questo rapporto ambiguo? Insomma, o ti mostri a me o non ti scrivo più. Qua finisce poi che io vengo presa per pazza, a parlare con nessuno, e tu ti gingilli beatamente nel tuo dove a ridacchiare di me. 
La conosci la storia di Quel Tale che, con i compagni, andò a rifugiarsi in una caverna? La caverna era pure abitata da un gigante mostruoso, pensa te che fortuna, e il tizio aveva un solo occhio. Già, c’è gente che due occhi non ci vede e questo con uno solo aveva imparato a conviverci, guardando ora a destra e ora a sinistra. Beh, fatto sta che il gigante ciccioso non voleva che altri profanassero la sua bella caverna sudicia, così cominciò a sbraitare, e a urlare, e a scalciare, e a digrignare i denti, e a scalpitare, e tanti altri –are che nemmeno sarebbero sufficienti a descrivere la furia di Orky verso quei poveri cristi che volevano solo ripararsi dalle intemperie, e così accade!, ma come prigionieri. Orky aveva in mente proprio una bella colazione, per l’indomani. Cosa ingegnò allora, Quel Tale? Non potevano certo morire lì, tra la puzza e i peli disseminati ovunque. Aspettano, quindi, che Orky apra la caverna per far pascolare le greggi (grandi allevatori, i giganti), premunendosi di un tronco affilato che, in proporzione al gigante, poteva benissimo fungergli da stecchino da dopo pasto. Ebbene, dopo un compagno mangiato ed uno finito comunque male, Quel Tale gli offre del bacco per far pace. “Oh possente Orky, cosa posso contro di te che sei il re dei re? Brindiamo alla tua salute!” e Orky non se lo fa ripetere due volte! Un po’ per lusinga, un po’ per lenire la ferita d’amore (la signora Orkessa era scappata con il suo migliore gigantamico), Orky beve, trangugia e si fa anche scappare un piccolo burp di gradimento. I piedi diventano sedie con le rotelle, le greggi si tramutano in foreste bianche, e Orky non desiderava altro che ringraziare il suo buon amico.
“Dimmi come ti chiami, così poi al piatto con le tue ossa e le tue carni ci do il tuo nome”, disse. “Ah, non so come ringraziare tanta bontà. Mi chiamo Nessuno”, e quello, che aveva bevuto così tanto che il suo unico occhio si era sdoppiato, ci crede senza replicare e s’addormenta come un bambino gigante.
Quel Tale chiama a raccolta i compagni, afferrano lo stecchino enorme e cominciano ad arrostirne la punta come si fa con i marshmallow sul fuoco. Un passo alla volta, in silenzio, un, due, zac!, e il gigante è bello che accecato. “Disonesto! Dopo che ti ho promesso il tuo nome al piatto! Nessuno mi ha accecato, aiuto! Nessuno mi ha accecato!” e Quel Tale e i compagni se la ridevano per la stoltezza del gigante. Arrivano, attirati dalle urla, i fratelli del mostro.
“Oè! Ma c’è proprio bisogno di gridare a quest’ora? Domani si lavora, ma insomma!”
“Aiutatemi, vi prego! Nessuno mi ha accecato!”
“Orky, sei bello grande per questi giochetti. Vai a dormire su, e se non ci riesci mettiti a contare le pecore”.
Ovviamente Quel Tale e i compagni fuggono via sulla loro nave, spernacchiando e schernendo Orky, sedotto e abbandonato.


Bene, caro Senza Nome, la conoscevi questa storia? Era per dirti che a scrivere che Nessuno mi legge, poi mi danno dell’esaurita. Or dunque dimmi: quando ti deciderai a crescere?

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