lunedì 30 dicembre 2013

Mi piaci perchè sei uguale a me

Caro destinatario di questa lettera, 
approfittando del clima natalizio, oggi faccio ambo.
Sai a cosa penso, in questi giorni? A quanto sia difficile dire ''mi piaci''. Mi piaci in quest'epoca tecnologica in cui fiera posso dire che non sei solo un bottoncino su facebook. Mi piaci perchè sei così, così e così, e la cosa più bella è che mi piaci perchè sei proprio uguale a me. Oddio, qui stiamo già ad un livello superiore.
Non è un ''mi piaci perchè a differenza di me tu sei alto, perchè a differenza di me tu sei tollerante, perchè a differenza di me tu ami giocare a carte tutta la notte la sera di Natale", è un "mi piaci perchè anche a te piace leggere, mi piaci perchè ti piace la mia stessa musica, mi piaci perchè quando parlo sai a cosa mi riferisco, mi piaci perchè sei più uguale che diverso da me". 
Mi piace il fatto che possiamo godere della stima reciproca, dell'avere tanti punti in comune, noi due. E mi piace il fatto che quando sembriamo in accordo ed in armonia su tutto, BAM!, il punto in disaccordo. 
Sai quant'è difficile dire ''mi piaci'', ad una persona che è uguale a te? Potresti, di rimando, sentirti dire ''no, tu non mi piaci perchè sei uguale a me''. E' uno scontro con finale imprevisto, il più bello o il più brutto del mondo. E' ancora più difficile dirlo se penso al fatto che mi si incepperebbe la lingua, perchè in queste cose non sono proprio la prima della classe. Se potessi dirlo con la penna, forse lo farei così: 
Caro altro me ma non tanto, 
mi piaci perchè sai di belle parole ed io avrei voglia di leggerti tutta la notte, perchè è già meraviglioso pensarti con la penna in mano ma lo sarebbe ancor di più vedere il modo in cui la impugni e le espressioni che fai mentre pensi alla parola più giusta da usare. Ma semplicemente, mi piace perchè sei così uguale e così poco diverso da me che di te mi piacciono già quelle cose diverse che ancora non so.
Senza tante complicazioni, mi piaci e basta. E sei così uguale a me, che sicuramente capirai tutto quello che, in fondo, avrei voluto dirti.

domenica 29 dicembre 2013

Lettera a mio figlio

Caro destinatario di questa lettera,
leggevo ieri l'articolo-missiva di una giornalista che, idealmente, scriveva al suo figliolo non ancora nato (e nemmeno in procinto di nascere, o meglio, di essere concepito). Erano parole di una non-mamma, in parole povere.
Lei dice 
Caro figlio, scientificamente, indiscutibilmente, certamente il mondo fa schifo. Te ne accorgi da quando la mattina ti svegli a quando la sera t’addormenti, [..] lavori per tutto ma non per te, ti stanchi tanto da non fare praticamente niente a parte lavorare, un giorno ti svegli e tutto quello in cui credi – puf – non esiste più.
e continuando, sentenze simili. La nuda e cruda realtà, ovviamente come anch'io la conosco, sbattuta in faccia come fosse stato un fulmine a ciel sereno. Son cose a cui magari non pensi sempre, o ci pensi di rado, quasi mai. Il fatto è che filosofeggiare su una materia del genere, il mondo e i suoi aspetti, a volte resta quel che è: semplice filosofia, semplici aneddoti che possono sembrare avere chissà quale peso, ma se non vengono messi in pratica restano semplici lettere disposte una accanto all'altra, senza sostanza.

Quel che mi chiedo maggiormente è: come fai a mostrare il mondo in questa maniera ad un bambino, che per altro ha un'innocenza invidiabilissima, quella beata piccolezza che solo loro posseggono? 

Dalle mie parti si dice "'ndrizz u v'gntidd quann iè t'nridd", una metafora che sta a significare che bisogna educare sin da quando si è piccoli. Io non ce la farei o, almeno, non in questo modo.

Significa forse che sarò una madre cattiva? Che sarà terribile, da parte mia, lasciare che mio figlio scopra il mondo da se, come ho fatto io? 

C'è gente che mi definisce comprensiva, tollerante se vogliamo. Lascio passare anche buona, come termine, ma questo non significa che sia superficiale, che me ne freghi di quel che passa avanti ai miei occhi. Semplicemente mi piace lasciar vivere. A quel bambino, che forse un domani sarà anche mio, dico solamente:





Caro figlio che non è ancora nato, 

spero che quando aprirai gli occhi al mondo la tua mamma non sia ancora così tanto arrabbiata. Non è TUTTO il mondo a fare schifo e non TUTTE le persone preferiscono odiarsi. Caro figlio, impara a non fare di tutta l'erba un fascio altrimenti le cose belle non le vedi più, e cose e persone belle ce ne sono!, però devi cercarle, ora stanno ben nascoste. D'altronde, caro figlio che verrà, chi l'ha mai detto che vivere in questo mondo sia facile?

Calamus sanus in mens mica tant

Caro destinatario di questa lettera,
chiunque tu sia, abbiamo una cosa in comune: capire perchè ci troviamo qui. Io posso darti solo la motivazione del mio primo passo: la voglia.

E' sabato sera, sono le 23.26 e ho appena finito di vedere uno di quei film che poco poco ti provocano la lacrimuccia. Credo si chiamasse L'incredibile storia di Timothy Green, al titolo non ci ho badato molto; d'altronde, era l'unico ripiego che facesse passare il tempo e che pensavo mi avrebbe stimolato il sonno. Invece no, addirittura mi son ritrovata a creare il mio primo blog e a scrivere il mio primo post! Chi l'avrebbe mai detto.. io no di certo.
Bene, dicevo: mi son messa sotto le coperte quando ho sentito un forte stimolo a scrivere. Ho preso il mio taccuino (trovo sia davvero una bella parola), la penna (rigorosamente nera, altrimenti l'ispirazione non arriva) e ho poggiato la punta sul foglio. 
Niente.
Niente, era come se tutti i pensieri, tutte le fantasie fossero finite in un enorme imbuto e uscite da chissà quale fessura. Quando succede, mi capita sempre di sentirmi vuota, e la voglia va via via scemando. Così ho girato pagina e sono tornata indietro a stanotte, quando invece la penna scorrazzava libera e felice sul foglio, lungo righe che sembravano non voler finire mai. Come mi sono sentita bene!, ma l'ispirazione non è comunque tornata. La voglia però è rimasta con me. Mi son ricordata di una persona che una volta mi ha detto che con le parole ci sapevo fare; queste sembrano sempre le solite frasi dette così, perchè magari in quel momento suona giusto dirle. Io con i complimenti non ci so fare, sorrido e guardo ovunque che verso chi mi sta parlando, perchè in quel momento nulla sembra adatta come risposta e il grazie va bene per chi ti passa il sale a tavola o chi ti apre un barattolo di passata di pomodoro.  
Spinta da quella frase, però, stasera ho deciso di cominciare qualcosa che forse domani già mi avrà stancata o che continuerò con ancor più tenacia, chi lo sa. Come si dice, chi ben comincia è già a metà dell'opera anche se io mi sento, piuttosto, un passo dietro la linea di partenza.

Perciò, caro destinatario di questa lettera, se ti va comincia a correre con me. Forse non arriveremo da nessuna parte, ma se è il viaggio quello che conta.. Spero sia il più lungo possibile.