venerdì 10 agosto 2018

Amal, storie di padri e di figli

"Stavo perdendo mio padre. Ripetei queste parole mille volte nella mia testa mentre disperatamente cercavo di capire verso che parte andare, ovunque era nord ma nessuna era la direzione giusta.
Non c'era nessuno. Impossibile, mi dicevo. Dove sono tutti? Dove sono scappati, perchè io non riesco a capire, perchè quest'ansia nel petto che mi opprime e non mi fa ragionare nel modo giusto?
Calmati, mi dicevo. Devi trovare tuo padre. Solo in quel momento mi resi conto che come io stavo perdendo mio padre, mio padre stava perdendo un figlio e questo sarebbe successo fino a quando non avessi trovato il modo per scappare di là e, nella concentrazione del silenzio, ritrovassi la sua voce.
Papà vieni a prendermi. Papà, sei vivo? Non mi importa di altro se non di quel filo che ti tiene attaccato a questa vita. Papà, hai trovato il modo per tornare dalla mamma? Non mi importa di altro...

Il sole era alto in cielo, che ore erano? Cominciavo ad avere freddo, nonostante tutto, questo continuo tenermi a galla nell'agitazione per quello che sarebbe potuto arrivare - da sotto, dall'alto, tutto era paura - mi aveva stremato. Mi sentivo forte e debole allo stesso tempo, non potevo arrendermi, dovevo trovare mio padre.
Un'anziana del villaggio una volta mi disse che la paura rende bui gli oggetti vicini, non ce li fa vedere nitidamente. Mi ricordai di questa cosa mentre mi lasciavo trasportare dalle onde come se fossero le braccia di Mama e il rumore dell'acqua che si infrangeva era una dolce nenia.. il mio cuore diventava più tranquillo, più sereno. Il ricordo di casa è sempre un porto sicuro.

Com'è bello il cielo, così chiaro, limpido, sembra avere la pelle di seta.
Una sera non riuscivo a dormire, Mama mi aveva sgridato perchè ero stato tutto il giorno fuori a giocare con gli animali nel fango ed ero tornato a casa sporco come un cencio. Mama mi disse di lavarmi fuori, nella vasca dove si abbeverano i maiali perchè lei non aveva intenzione di farmi mettere un piede in casa in quel modo. Piansi fino allo sfinimento e fuori diventava buio, avevo fame e Mama non mi dava ascolto.
Mio padre, stanco di sentirmi urlare, uscì di nascosto a mia madre e mi lavò alla bell'e meglio, mi prese in braccio e mi mise a letto.
"Papà, sono tutte cattive le mamme del mondo?", gli chiesi.
"Tua madre ti ama tanto. A volte non lo vedi ma l'amore ha diverse forme, anche quelle che ti sembrano lontanissimo dall'esserlo. Tua madre ti ha regalato una cosa che crescerà con te, il consapevole senso di responsabilità che domani non ti farà ripetere quello che hai fatto oggi. Vero?"
Che occhi profondi ha mio padre, profondi e dolci. Le mani chiare e scure, grandi e affusolate, ricche di segreti e piene di lavoro.
"Papà, com'è fatto il mondo?"
"Il mondo.. il mondo è una palla gigantesca che gira come se qualcuno le desse dei colpetti."
"No papà, come sono le persone del mondo? Io ho paura"
"Perchè hai paura delle cose che non conosci? Apri gli occhi nel buio e se c'è qualcosa che ti spaventa allora reagisci. Ci saranno occasioni in cui le parole faranno più male di uno schiaffo. Devi avere sempre gli occhi aperti e la forza di guidare la tua barca anche nella tempesta".
Mio padre non mi aveva mai parlato così e avrei voluto non smettesse. I miei occhi parlavano per le parole che non avevo.

"Una volta mio padre mi raccontò la storia di un vecchio uomo che a sua volta era padre e un giovane figlio, molto intelligente come te ma con una differenza: era molto ingenuo e non ragionava mai con la sua testa, ogni volta che qualcuno esprimeva un parere, una critica o un pensiero su di una determinata cosa, egli se ne appropriava come fosse suo. Una volta il giovane figlio chiese all'anziano padre: "com'è il mondo fuori?" ed egli cercò il modo di dimostrarglielo per far sì che il ragazzo capisse e ci arrivasse con la sua testa.
"Sella l'asino" gli disse, "dobbiamo andare in un posto".
I due si misero in cammino, uno accanto all'altro, al passo dell'asino, privandosi della possibilità di un passaggio. Arrivati al primo villaggio, li videro due uomini seduti all'ombra di una tettoia. "Ma guarda quei due, hanno un asino che possa portare il vecchio e non ne approfittano!".
Il giovane, intimorito e vergognandosi di non averci pensato, aiutò il padre a cavalcare l'asino.
Arrivarono al secondo villaggio e ancora furono oggetto delle parole degli abitanti del posto: "ma guarda quel vecchio, non si rende conto di aver ormai passato in agio tutta la vita e che è ora che sia il ragazzo a riposare sull'asino?".
Il ragazzo guardò il padre e prese il suo posto.
Al terzo villaggio, un gruppo di donne che lavavano i panni presso la fontana dissero loro che non erano furbi, se non cavalcavano entrambi un asino così possente per ritemprarsi un po'. Il giovane aiutò silenziosamente il padre a salire e proseguirono.
Passarono per alcune campagne, dove un gruppo di contadine li additarono accusandoli di poca sensibilità e mancanza di fibra morale, per star appesantendo in quel modo un povero animale come l'asino.
Il ragazzo a quel punto guardò il padre e scoppiò a ridere. Il vecchio padre lo prese tra le braccia e gli sussurrò "chi cerca di accontentare tutti scontenterà il mondo intero, perché non esistono e non sono mai esistite due persone che la pensano allo stesso modo. Così è fatto il mondo!".

Ho recuperato così mio padre. Ho aperto gli occhi e mi sentivo leggero, sentivo che mi tendeva la mano e mi gridava "Amal! Amal!" mentre l'acqua mi trascinava con sè nella dolce danza delle onde."

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