martedì 14 agosto 2018

Son tutte belle le case degli altri - storia di come Cenerentola imparò a fare le polpette

Si sa, nascere donne prima e figlie poi è privilegio e una tortura concesse a pochi.
Com'è da pochi svegliarsi all'alba dei 25 anni, precisamente alle 07.07 a.m., con la mamma che urla nelle orecchie rispettivamente "AMORE SVEGLIA HAI 25 ANNI AUGURI ANCORA NON SAI CUCINARE VEDI CHE ALLA TUA ETÀ ERO GIÀ SPOSATA E AVEVO TE TU COSA FAI DOVE VAI CON CHI VAI HAI MESSO LA MAGLIA INTERNA CERTO CHE VOI GIOVANI DI OGGI SIETE PROPRIO PIGRI CHE VUOI MANGIARE OGGI" e via di respiro dopo i 100 secondi apnea.
Ciò detto, il mio risveglio fu così traumatico che per tutto il giorno ebbi paura di trovarmi all'angolo di ogni via mia nonna o mia madre con il mestolo in mano e la voglia nel cuore di insegnarmi a cucinare - cosa che io UMILMENTE ammetto di non aver voglia di imparare mai nella vita.
Insomma: io ero sola in mezzo a tanta gente donna che invece sapeva fare dolci, salati, amari, acidi e trigliceridi, tutto con una mano. Le soluzioni erano due:
A - Decidevo di crescere in mezzo ad una colonia di pinguini, lì dove nessuno ti giudica se l'estate non sei abbronzata;
B - non ce l'avevo, il cervello era troppo in pappa per pensare a troppe cose.

In questo stato di inquietudine in cui solo tre ore di beato sonno avrebbero potuto portarmi alla catarsi mi venne in mente una mia ex compagna di liceo, sfigata al tempo e fortunata poi, che proprio con un mestolo era riuscita a cavarsela.

La mia compagna, non proprio migliore amica, si chiamava Claudia ma noi la chiamavamo Cenerentola per via della sua ossessione per i pavimenti (durante le interrogazioni strisciava via in un modo che ancora ci è ignaro lasciando i mattoni puliti e limpidi che neanche la migliore ditta di pulizie).
Cenerentola era più grande di me perchè bocciata circa quattro volte e aspettava ormai la maggiore età per scappare via - per dove chissà. Ribelle dentro e caruccia fuori, era una trascinatrice seriale alle migliori sagre della regione in cui ci scarrozzava rimediando sempre un passaggio, mentre noi mentivamo ai nostri genitori organizzando fantomatici e impossibili pigiama party in case sull'albero dalla dubbia sicurtà.
Fu così che una sera ci ritrovammo in una provincia così piccola che la stessa parola provincia faticava a starci e l'italiano pure, perchè se non sapevi parlare il dialetto non eri nessuno. Non.
Ammaliati da giostre colorate e dolcissimo zucchero filato, avevamo perso di vista Cenerella che invece faceva gli occhi dolci al ragazzotto che aveva una di quelle bancarelle con il fucile in cui devi sparare a mille wafer per avere una briciola. A nulla valsero i nostri richiami, lei era già in mezzo alle colombe che preparavano il nido d'amore.
La mamma del ragazzotto le si avvicinò, squadrandola ben benino, e con occhio corvo le disse: "..wagliona.. essaifar e purpette? Chill e mammà, origginal!"
Cenerella la guardò. Aveva capito tutto, non sarebbe stato facile catturare il cuore di Gennarino, pieno di amore e sugo.
"..n-n-no, m-m-a imparo in fretta.. GIURO MAMMA!"
La donna le faceva così paura da spingerla a chiamarla mamma, probabilmente le erano sopraggiunte alcune immagini di quest'ultima mentre la rincorreva con lo zoccolo di legno in mano.
La donna andò nel retro bottega, prese un mestolone con segnata l'impugnatura di una mano e le disse: "Solo se la tua mano accoglierà perfettamente il manico di questo mestolo, sarai degna di Gennarino mio!".

La festa di fermò, la giostra si fermò, la macchina dello zucchero filato si fermò perchè l'amica nostra Graziella aveva fatto cadere un babà e il meccanismo si era bloccato. Anche le colombe smisero un secondo di crescere il nido, aspettando che la nostra Arturina estraesse il mestolo dal pentolone.

Come andò dopo è intuibile dal titolo perchè, anche se è una storia vera, Cenerentola riuscì nell'impresa e i due vissero felici e contenti con tre figli e una batteria di pentole antiaderente che neanche Giorgio Mastrota in cinquant'anni di televendite. Lei ora credo sia felice. Si dice che nelle notti di luna piena si senta l'odore delle polpette aleggiare nei paraggi di casa sua...

Io invece ancora non ce la faccio, non fa per me. Se mi strozzo con la tosse aspetto che mia madre arrivi in mio soccorso con il cucchiaio e lo sciroppo, perchè è bello così. E' bello che ogni cosa abbia il suo tempo e che arrivi quando si è maturi. In questo senso forse amerò sempre le polpette di mia madre, perchè loro hanno un segreto: l'amore dell'olio di frittura, perchè se non fa ingrassare che amore è?

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