domenica 15 giugno 2014

The importance of being Carest - L'importanza di chiamarsi Mamma

Caro destinatario,

due giorni fa è accaduto qualcosa che ha profondamente turbato la mia indole materna: mio figlio stava per morire. Il problema, magari, non sta nemmeno nella morte in sé ma nelle modalità in cui il tutto è avvenuto: ebbene, il piccolo Kafka ha tentato il suicidio. Ultimamente lo vedevo silenzioso, mangiava e si chiudeva nella stanza, ma nulla faceva presagire le cose strane e misteriose che da lì a poco sarebbero accadute. Mi chiedo se non sia colpa del mio continuare a trattarlo come un bambino quando ormai è un ometto, ha già 36 giorni e me sembra sempre come se fosse ieri che è entrato nella mia vita. Nulla, la giornata di venerdì era apparentemente tranquilla: ho fatto i servizi, gli ho preparato lo spuntino e mi sono messa un po’ a leggere. Ricordandomi che quello era il giorno del bagnetto, ho lasciato di fare quel che stavo facendo e sono andata nella sua stanza. Ha cominciato a divincolarsi perché non voleva lavarsi, correva a destra e a sinistra per sfuggire alla mia presa e non voleva sentir ragioni. “Franz, non fare il monello, ora mi arrabbio!”, gli ho urlato, ma è stato come se il mio rimprovero gli entrasse da un orecchio e gli uscisse dall’altro. Così ho preso il cucchiaio di legno, lui si è messo sull’attenti e finalmente siamo andati a fare il bagno. Mentre preparavo la vasca, lo guardavo piena di sensi di colpa per averlo sgridato; ho capito quant’è difficile per una madre dover ricorrere alle maniere forti solo per farsi ascoltare, perché il suono amorevole della propria voce a volte non basta. 


È stato un attimo.

Mi sono allontanata due secondi per prendere l’asciugamano, sicché non si raffreddasse una volta finito il bagno, e i miei occhi hanno visto il dramma compiuto: Franz era a terra, inerme, il petto non dava segnali di movimento e ho subito pensato al peggio. Ho urlato come se, in quel momento, a morire fossi io, come se ci fossi io a terra al posto di quel corpicino. Non avevo il coraggio di avvicinarmi, volevo prendermi a pugni per esser stata una madre disattenta, degenere, incauta e non so più che altro. Non riuscivo a toccare quello che io stessa avevo lasciato che accadesse. Mentre la mente camminava e il corpo restava immobile, mio fratello è accorso in mio aiuto praticandogli un massaggio cardiaco e Franz ha ripreso a respirare. Non mi ha nemmeno guardata, è stato come se nulla fosse accaduto ed io non ho voluto riaprire l’argomento. Non posso, però, cancellare le sensazioni di terrore che ho provato in quel momento!

Mi chiedo come sopravvivrò alla tempesta ormonale, ai primi amori, ai problemi adolescenziali e tutto il resto se lui non mi parla. Si chiude in sé, nel suo mondo, e non parla con nessuno. È dura essere una ragazza madre ma sento di non fargli mancare mai nulla. Certo, quando lavoro devo lasciarlo dalla nonna ma è solo per garantirgli un futuro! Spero non ce l’abbia con me per questo. Anzi, forse la cosa peggiorerà quando dovrò dirgli che è stato adottato: certo è che, confrontando il colore scuro della sua pelle con il mio, qualcosa l’avrà intuita. È intelligente il mio bambino e mi auguro che capisca che ogni mio passo, giusto o sbagliato, è stato un passo pieno di amore compiuto solo per lui.

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