giovedì 8 maggio 2014

Sulla sponda del fiume si son seduti e han pianto

Sempre – disse l’uomo con la barba folta e nera – cosa intendi per sempre – rispose l’uomo senza barba e con gli occhiali – quello che intendi tu per sempre, che poi è quello che intendono le migliaia di persone la fuori come te che si chiedono cosa s’intenda per sempre – sì ma io te l’ho chiesto per sapere quale sia il tuo reale pensiero – tu cosa intendi – te l’ho chiesto prima io – così sei proprio un bambino – e tu non mi hai ancora risposto – sai che in latino molte parole sono senza vocale finale – si, come se non avessero una ringhiera, infatti poi il latino è morto, suicidato, puff, buttato giù da un balcone – ma i latini avevano ragione su molte cose – tipo – tipo la parola sempre – ma allora lo fai di proposito, rispondimi e basta – dimmi sempre in latino – sempre in latino – no, idiota, traducimelo – semper – ecco, vedi, semper non ha ringhiere, semper non si pone dei limiti, semper non ha un carburante che finisce in riserva, semper è libero, libero fino all’infinito e anche oltre – ora finiamo ai cartoni animati – ma anche loro avevano ragione, semper è quel tempo che comincia ma non finisce mai – ah, come quando vai alla posta, sai quando entri ma non sai quando esci – la tua cultura spicciola è disarmante – ma ammetti che ti ho lasciato senza parole – sempre – cosa intendi per sempre.


I due uomini continuarono all’infinito, lui a non capire mai e l’altro a capire troppo, finché l’altro decise di abbandonarlo sulla sponda del fiume che aveva accolto tutte le parole e nessuna parola, quando – Addio – disse l’uomo con la barba – cosa intendi per addio – rispose l’altro, perché le cose è sempre meglio dirle tutte che non dirle mai.

1 commento:

  1. Il racconto è suggestivo, più che Baricco pare Kafka o anche il Pavese dei Dialoghi con Leucò (o almeno, siamo sulla buona strada! )... ridotto all'essenziale, personaggi ridotti alle loro parole e a un minimo tratto somatico per distinguerli (barba, occhiali) e deliberatamente (?) aperto a diverse possibili interpretazioni...ti dico la mia...il quattrocchi sbarbato, quello dalla "cultura spicciola" e disarmante, quello che come un pappagallo idiota ripete "sempre in latino" anziché tradurlo, insomma quello che mi sta più simpatico dei due, vuole tradurre in linguaggio concetti che il linguaggio in realtà lo trascendono (il concetto di "sempre", ma anche quello di "addio", che è una specificazione negativa del sempre); è un uomo apparentemente materiale, terra terra, convinto che le cose "è sempre meglio dirle tutte che non dirle mai", inconsapevole dell'ineffabile, di ciò che per definizione è in-dicibile perché in-finito; l'altro, antipaticone saputello filosofo -infatti è barbuto - si irrita proprio per questo, perché - sembra voler dire all'altro- ci sono concetti che si intuiscono ma non si spiegano, fai appello al senso comune, all'intuizione, come i tuoi simili materialisti e terra terra, non ti ostinare a cercare una definizione! Alla fine, un po' disperato, ricorre alla metafora della mancanza di ringhiera, delle parole che non terminano senza vocale (un po' come nel jazz, giusto, dove in realtà il brano pare sempre non concluso...). Infine esasperato gli dice addio, ma l'altro, imperterrito, trovandosi di nuovo di fronte a un concetto senza limite, sente l'urgenza di domandare, di una definizione. E il barbuto saputello resta prigioniero, per SEMPRE, del circolo vizioso, e col sempre il ciclo ricomincia!

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